RADICI

Ma di cosa diavolo vivranno quassù ad Incino, incastrati tra i monti e la valle…. Non c’è nulla. la corrente elettrica pare già un miracolo, l’acqua è sempre ghiacciata: guarda quel lavatoio laggiù ha mezzo metro di ghiaccio che lo avvolge. Silenzio. Ammutolito dal freddo glaciale non so nemmeno cosa rispondere, fa così freddo che mi si ghiacciano i pensieri in testa, così che ne esce solo uno smarrito “Mah” tra una nuvola di alito trasformato in vapore condensato…… Fede, vivranno di alcolismo. Povertà e sbronze. Seraficamente conferma i miei pensieri l’amico Flavio.

Giusto il tempo di alzare la testa e scorgo ballonzolare giù dal ripido lastricato un anziano signore (ma sarà stato davvero anziano??), il viso affetto dai tipici tratti che contraddistinguono chi è nato da rapporti tra consaguinei: porta una bracciata di bottiglie di vino laconicamente vuote e veste di un maglione di lana cosparso di buchi. Ci accoglie con un allegro buongiorno e ci lascia con “se andate a far cordata state attenti”. Mi giro a guardarlo mentre rotola giù dall’antica strada della pietra pomice.

col-del-gallo-incino-102La visione del paese è degna del miglior Baudelaire: le sparute case sono sfatte, logorate dal tempo e sul paese grava l’odore acre della legna che brucia ed il fumo aleggia sopra i tetti. Qualche verza arrugginita dal gelo attende che gli animali ne traggano cibo. Oramai gli uomini non si occupano più di questi orti. Dalle finestre, spesso con i vetri rotti, fanno capolino vasi con vestigia di piante e fiori, segno di un tempo che fu e che mai tornerà, laggiù c’è un cane legato alla catena che dormicchia di fianco alla ciotola dell’acqua ghiacciata….. c’è ancora qualche anziano che resiste ma, morti loro è un mondo che fugge a gambe levate, che se ne va.

Povertà, arretratezza e sbronze. Un pezzo di Italia che sparisce senza fare rumore. Come scrisse il bravo Rumiz durante il suo viaggio tra le Alpi e gli Appennini la vera montagna non è quella dei lustrini e dei geranei delle vallate Altoatesine o dei caroselli sciistici o dello snobismo dell’Ampezzano. La vera montagna è questa. Aspra. Ruvida. Severa. Dura.

La devi trattenere con i denti, con le unghie ti ci devi arrampicare per cacciarne la selvaggina, attraversarne i luoghi ostili per raccoglierne i frutti spontanei, subirne i maltrattamenti del tempo per aver qualcosa dalla “vaneda” (Toponimo locale che indica il terrazzamento). La puoi odiare, può non piacerti ma non puoi a farne a meno. E’, forse è stata, la colonna portante del nostro Paese. Qui ci siamo nascosti per sfuggire dagli invasori barbari. Da qui abbiamo preso il legname per andare in Oriente con le navi veneziane. Quassù abbiamo vinto due guerre mondiali ed abbiamo consegnato alla patria gioventù da mandare al macello. Da qui abbiamo tratto di che mangiare, ed abbiamo ricavato energia per far progredire le industrie e far crescere le città di un Paese nuovo.

La strada che sale ad Incino dalla Valsugana e che da anni è interdetta al traffico

Oggi di questi luoghi non rimane che una strada che non si può percorrere per “beghe” tra province,

http://www.ilgazzettino.it/pay/belluno_pay/strada_di_incino_prefetto_ci_aiuti_riaprirla-460016.html

il ricordo di una frazione che aveva due negozi di alimentari, una scuola, un bar, un verduraio che saliva settimanalmente, un territorio coltivato, qualche centinaio di abitanti (dediti alla bestemmia, al chiacchiericcio, alla mondanità!!) ed una vita sociale legata alle attività pastorali.

Rimangono le persone che, giustamente, vogliono che questo territorio non cada nel dimenticatoio, raccontandone i piccoli eventi e collocandoli tra le grandi vicende storiche, rendendo onore ai territori dimenticati da uno stato evanescente ed irriconoscente,

http://walterincino.altervista.org/storia-dincino/

OLYMPUS DIGITAL CAMERAe rimango io, che assieme a qualche fidato socio mi reco quassù per arrampicatore nelle gelide e terse giornate invernali, nella speranza che il sole riscaldi gli appigli e mi consenta di scalare e godere della dimenticata serenità del luogo. Poi, in fondo in fondo penso che potrebbe anche aver ragione chi ribadisce che non abbiamo ancora così tanta fame da tornare in questi luoghi inospitali per vivere……

Pubblicato da spazivuoti

Nato in qualche luogo pianeggiante, tra capannoni, zanzare, arte, e sullo sfondo le montagne.