Solo, vagando alla mia ricerca

 

Unonovembreduemilaeuno….. dodicianniemezzo fà!!!!

Cazzarola se ne è passata di acqua sotto ai ponti!! La sera precedente c’è stata baldoria in quel localaccio a mezz’aria della Valsugana, cena, vino (Cesco ovviamente ubriaco!!! hahahaha), lotteria e festa, si concludeva l’ennesimo corso roccia tra l’ilarità generale. Ma io ero, per la verità, un po’ teso. Me ne andai un po’ prima nonostante ambissi a stare ancora lì per questioni definiamole “di donne”…… Ma avevo faccende importanti e già programmate da lungo periodo.

Fatto sta che un po’ alla chetichella me ne andai, anche se erano molti i curiosi di questa mia veloce dipartita. Al mattino la sveglia mi mette sull’attenti alle 4,00 scarse, e stavolta non mi devo incontrare con nessuno, quella mattina ero, per la prima volta, solo. Il buio avvolgeva tutto e le previsioni davano deboli nevicate fin dal pomeriggio. Supero la Valsugana, dalla quale ero sceso poche ore prima, a “manetta” e poi su veloce a Fiera e ancora su fino al Cant Del Gal. Arrivo lì alle 5,10. Accendo la pila frontale e, scarpe in mano, salgo velocissimo fino al Bivacco Minazio e poi su ancora fino all’apice del Vallone dei Colombi. Alle 6,40 mi gusto un’alba gelida in compagnia di un nutrito gruppo di camosci. Non so se in vita ho sentito un fragore più grandioso di quel silenzio immenso.

Sono leggermente teso. Tolgo il pile e lo lego in vita. Calzo le scarpette, batto fragorosamente le braccia sulla schiena quasi per avvertire la parete che io sono pronto ad aggrapparmi sopra di lei e, con grande circospezione, inizio lentamente a salire. E’ la mia prima salita free solo, non conosco la via, so che arriva al massimo al 4°, forse 4+ e che la roccia è molto buona. Per il resto nulla. Non sono mai salito in cima ai Lastei (che montagnone!!!), non conosco la discesa, non ho nulla da mangiare nè da bere. Salgo con cautela ma veloce e sicuro. Stranamente non ho paura mentre tra le gambe si apre il baratro che da 10 metri diventa di 50 poi di 100, poi 200, ancora cresce e alla fine sarà di cinquecento metri tutti filati fino alla base della parete. CHE FIGATA!!! Penso e mentre salgo irrazionalmente mi dico oramai cosa cambia cadere da 10 metri o da 400….. stai tranquillo e divertiti, come hai sempre fatto ed era incredibile, non mi tremavano le mani nè le ginocchia, stavo bene e a tratti mi fermavo anche a riposare sulle cenge, mettevo i piedi dondolanti e guardavo il panorama oppure facevo dei traversi a desta o a sinistra per vedere alcuni anfratti della parete che mi incuriosivano.

L’apice delle emozioni lo ebbi però quando il vuoto sotto di me diventò veramente importante. Esattamente in quel momento, forse a causa della concentrazione assoluta o dell’adrenalina che a fiumi inondava il sangue, non vidi più me stesso dal mio punto di vista, ma da quello di un occhio esterno. Mi vedevo come se una telecamera da dietro mi filmasse, vedevo questo ragazzo (al tempo!!) con la maglia blu e i pantaloni neri che stava attaccato come un ragno ad un’immenso palazzo, non ne riconoscevo i dettagli, poteva essere chiunque. Poi una zoomata mi avvicinai, lo sentivo respirare e mi nutrivo dei suoi pensieri, gioivo con lui per quell’attimo fuggente che stava vivendo e sudavo nel vederlo quasi in bilico attesa spasmodica dell’evento cruciale, fosse esso positivo o drammatico. Un’altra zoomata e vedo che stringe gli appigli, quasi li accarezza, uno sguardo sereno, come se essere lì fosse naturale e logico, a tratti credevo che l’appiglio preso fosse uguale identico a quello stretto qualche minuto prima, che quel muretto di 4° fosse già stato superato prima, fintantochè la verticalità della parete improvvisamente si abbattè. Lo zoom si allontana mentre quel corpo sottile quasi stilizzato si mise dritto, le braccia tese perpendicolari ai fianchi, come se stesse abbracciando tutta la montagna suo unico compagno di scalata. In fondo quassù era la fine di tutto, proseguire significa scendere, un ometto lo testimoniava. Ricordo ancora che il pensiero di quel giorno, una volta giunto in vetta fu che forse era meglio se quegli appigli e quei passaggi si fossero perpetuati all’infinito in un caleidoscopio di emozioni interminabili, affinchè anche quell’attimo non diventasse fuggente come tutto nella vita. Erano le 9,30. Iniziava a nevicare. Indossai il pile e scesi. Altre salite free solo già intasavano il mio cervello.

Cima dei Lastei Via Cappellari Lotto 01/11/2001 free solo (nell’unico modo in cui vanno affrontate le solitarie cioè a vista e senza corda)

Pubblicato da spazivuoti

Nato in qualche luogo pianeggiante, tra capannoni, zanzare, arte, e sullo sfondo le montagne.