LUOGHI PERDUTI

– Nell’angoscia del troppo, la nostalgia del poco –

Ci sono luoghi che, chissà per quale motivo, non immagini nemmeno possano esistere. Sono semplici punti di oblio sul mappamondo terrestre. Essi sono sempre sotto gli occhi di noi cittadini snob, che non ci lasciamo sedurre dal fatto che possano regalarci nobili avventure ma, al massimo, ne usufruiamo come segnatempo del passare delle stagioni. Ad essi non chiediamo nulla più di indicarci la prima nevicata o il cambio di colori delle stagioni, oppure di rinfrescarci nelle bollenti serate estive con un alito di vento, in cambio del lascito di qualche sacchetto di plastica.

Dalla pianura esportiamo ignoranza…..


Poi un giorno, per qualche sortilegio della vita, ti ritrovi a salire per quelle contrade armato solo della bicicletta o con le corde in spalla o gli sci ai piedi e scopri un mondo sommerso, fatto di anziani che, con le mani nodose ed il viso disintegrato dalle bizze del tempo e del sole ma il passo vispo e tenace, trattengono con forza la loro terra bassa e difficile. Trovi montagne che vivono all’ombra delle Dolomiti o sono solo faccia scura del mare. Qui il turismo non è interessato a fermarsi, è solo di passaggio – spesso nemmeno quello -, a queste terre remote: sovente antichi confini o rifugi ai quali non si dona nulla, né alla terra né, tantomeno, ai suoi abitanti. Sparuti e spesso rachitici fiori ai balconi, nessun hotel, al massimo qualche bettola da pane, sopressa e vino: un lusso il gelato confezionato. Quassù o parli il dialetto o non ti capiscono, nessun costume e festa per i turisti. I residui nuclei abitati mantengono puliti i boschi perché serve loro la legna, rifanno i muretti di contenimento dei torrenti e li tengono liberi dalle ramaglie e dalle foglie. Le feste servono per ubriacarsi e dimenticare la fatica. Quassù regna il filo spinato per dividere i poderi e i lavori in corso durano anni, decenni, se frana una strada rimane tale perché è di poca utilità alla massa.

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L’immensa pianura sembra arrivare fin dove l’occhio di uo uomo poteva guardare – cit. Nomadi –

Quelle prealpine sono terre di mezzo, nè di pianura nè di montagna, terre di nessuno che non rendono nulla e non devono chiedere nulla. Nessun lustrino o luccichio, nessun impianto di risalita, nessuna baita da fighetti, nessun locale alla moda, sudore e fatica, come con la bici, non c’è mai discesa e se anche la trovi allora avrai il vento contrario perciò rimarrà solo salita da tutte le direzioni. Strade strette, spesso diroccate che alternano asfalto a cemento a sterrato, a tratti ripidissime dove ti attraversa ancora la strada il carbonasso o il vecchio con la forca in mano si mette la mano alla fronte per vedere chi è quel pazzo con lo zainone che passa di là: ‘ndove xe che ‘ndè, siu mati? E poi giù di nuovo a vangare quei quattro sassi misti ad argilla rossastra.

Di questi luoghi è piena la penisola e spesso noi che andiamo armati di cordame e sci siamo coloro che più facilmente possono accorgersi della loro genuina bellezza ed importanza.

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Abitazione tipica sarda dispersa nella zona di Baunei

Un lunghissimo elenco di paesi e contrade, Londa, Pieretti, Incino, San Vito dove per la prima volta uscii dopo una via salita a Cismon assetato ed affamato come un lupo e venni rincorso da un cane ancora più affamato di me; Casotto famoso per le patate, Brancafora, Oseli che permette di prendere quella che noi vicentini chiamiamo la Valleè Blanche dei poareti; e poi ancora Borsoi, Pianon, Irrighe nel confine non ben preciso tra l’Alpago ed il Friuli; Cornalba con le sue pareti demodè, Trafficanti, Sant’Antonio Abbandonato che guarda dai suoi ruderi la vuota vita della produttiva pianura; Ugliancaldo, Monzone, Equi, dove tutto scorre tranquillo se non fosse per la dinamite che squarcia i monti per ricavare il marmo; Boragni, Orco, che da lassù vigilavano le scorrerie dei pirati e le partenze per le crociate e oggi guardano le migliaia di milanesi stressati che affollanno le spiagge liguri; Pellegrina, Pomarelli, Solano, ricotte dal sole bruciante dell’estate calabrese, sovrastate e divise dal mare dai piloni dell’autostrada; Urzulei abitato più dalle pecore che dagli uomini e che se lo cerchi sulle mappe fai fatica a trovarlo……

Tutti luoghi peculiari, che formano quel tessuto tipico della nostra nazione, fatta di microcosmi di cui troppo spesso lo stato (che SIAMO NOI) e la politica si dimenticano e che, a ben guardare, sono come Atlante solo che, anzichè il mondo, sulle spalle reggono le montagne con tutto il loro corollario di fiumi, pietre, boschi, animali, produttività tipica (miele, selvaggina, erbe, legname, allevamento…..) che per centinaia di anni sono stati servi della pianura e dei quali oggi ci ricordiamo, fugacemente, solo in concomitanza di tragici eventi.

Pubblicato da spazivuoti

Nato in qualche luogo pianeggiante, tra capannoni, zanzare, arte, e sullo sfondo le montagne.