L’ignaro precursore del “Nuovo mattino”

Mi piace molto leggere. Qualsiasi tipo di letture, qualunque genere letterario, di qualsiasi levatura. Scartabellando tra le varie foggie di libri della mia biblioteca mi imbatto in questo bellissimo brano di Carlo Emilio Gadda che parla di Alpinismo. Mai avrei pensato di scoprire il precursore di una tendenza che cambierà per sempre il modo di “fare alpinismo”. Gaddda è famoso, al grande pubblico, soprattutto per il libro ” Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, per la sua capacità di calarsi a parlare della gente comune con il linguaggio proprio della gente comune.

Per quanto riguarda questo breve esercizio di scrittura, trovo alcune annotazioni veramente sarcastiche e premonitrici di quel successivo movimento che si chiamerà “Nuovo mattino”. Molte infatti sono le analogie con il celebre scritto di Paolo Masa intitolato “neo alpinista” ed uscito nel “Lo scarpone” del 1979.

Alla ricerca della via – Signal – Monte Rosa

L’alpinismo è oggi il libero esercizio, direi il volontariato, d’un insieme di elevate facoltà fisiche e psichiche. Uno spirito di indagine eroica, un desiderio di liberazione dall’opportunità mediocre del giorno, una evasione verso la pura energia: e, insieme, l’insegnamento della realtà, la pratica, la grammatica. L’alpinista, al mattino, parte da una verità scheggiata del monte per arrivare a liberarsi del comfort. Egli cerca, egli inventa i suoi pericolosi itinerari, li ritrova di continuo sulla parete o sul ghiacciaio con laboriosa fiducia, con la paziente e impavida risolutezza dell’anima, con la destrezza dell’erudito polpastrello: avendo sotto di sé in ogni istante la spalancata bocca di un mostro, cioè il campo gravitazionale che vorrebbe inghiottirlo, succhiarlo in profondo. È la chiamata dell’abisso. La sua compattezza fisica, la sua consapevolezza, il discernimento, il chiaro volere, resistono alla vertigine che è il retaggio dei nervosi, dei preoccupati. Le fatiche alpinistiche e le visioni immense delle Alpi si sono oggi «organizzate» in associazioni di uomini, in corporazioni di mestiere: libero e disinteressato, il lento tirocinio si tramuta oggi in un tecnicismo provetto. Un siffatto mestiere ha il suo solo compenso nell’orgoglio, nel superamento dell’ostacolo: e in un grande sogno di paese. L’oscuro mugliare del fiume, nella valle, e, ad alto, le vette già emerse nel sole; il sentiero, itinerante nel monte; la selva, l’affocato ghiaieto, lo strapiombo, il bianco splendore o le lividure azzurre del ghiacciaio. La mutazione repentina di veduta da luce ad ombra, da un versante all’altro. I provetti, i maestri, disdegnano queste romanticherie; come in ogni impegno profondo, il gusto del mestiere, la passione dell’arte, le questioni tecniche, la pratica, vincono il richiamo stesso della finalità. Il fine non è nulla, i mezzi e la disciplina sono tutto. L’importante è aver eseguito la scalata, quello che di lassù ho veduto non conta. Neppure l’ho veduto. De Saussure, Humboldt! Dei romanticoni a passeggio! Ciò non toglie tuttavia che potenti affetti colleghino al monte e al paesaggio l’alpinista, l’alpino [Carlo Emilio Gadda, L’alpinismo, in Aa.Vv., Giucchi e Sports, Torino, ERI, s.d. (ma 1951)]”.

I primi tiri sulla Ovest – Via Cassin

Consentitemi una breve riflessione. Cinquantasei anni dopo, il cambiamento dei tempi e la trasformazione radicale dell’attività verticale, fanno pensare a sostanziali mutamenti negli atteggiamenti, tuttavia mi stupisco come per molti permanga ancora quel senso di superiorità da parte degli alpinisti/arrampicatori nei confronti “degli altri”. Quasi una sorta di superomismo dannunziano. Sarà, ma, per quanto mi riguarda, mi considero solo un fortunato che ha potuto scegliere di cercare la propria libertà tra gli spazi verticali.

Pubblicato da spazivuoti

Nato in qualche luogo pianeggiante, tra capannoni, zanzare, arte, e sullo sfondo le montagne.