Creste di San Giorgio: davvero ne valeva la pena?

Apro il balcone della camera e, contrariamente alle previsioni, è una giornata spaziale.  Avevo previsto attaccarmi al trave e passare dell’Attack su quel taglio proprio al centro del polpastello dell’indice che, immancabilmente, appena arcuo un po’ si apre in due come una mela. Ne vale la pena? L’aria è quasi tiepida….. ma perché perdere quest’occasione! Infilo i pantaloni da corsa, un k-way dentro allo zaino e mi fiondo verso: già verso dove? Ancora il classico giro Cavallo – Colle Averto? Mah, non so. Urca!! Ecco vado a fare le creste di San Giorgio, saranno vent’anni che non ci torno!

Deciso. Salgo in auto. Supero con distacco Marostica alveare immobiliare inguardabile, poi Bassano caotica piena di studenti omologati dal difficile futuro e traffico monopasseggero. Poi Pove in disparte dalla SS47 ed infine approdo a Solagna. 

Tra luce ombra roccia e arbusti (il vegeto minerale) sull’ultimo risalto della cresta

Pronti via e salgo corricchiando in una decina di minuti fino all’Eremo di San Giorgio contornato da tutte le varie Madonne piangenti e derelitti Cristo in croce. Chissà se Egli si è mai chiesto se ne è valsa la pena….

Continuo nella mia sgranchita di quadricipiti. Ora la stradina lastricata e panchinata, adatta ai moderni pellegrini enogastronomici, diventa un sentiero più erto e doppia il bivio per l’antico sentiero dei “Cavallini”. Alla targa in memoria delle ravanate vegetominerali di Giovanni Zorzi, tralascio il sentiero delle “fanciulle” (così definito negli annuari CAI e non per facile e sciocca ironia verso il sesso debole!) e prendo, più dritto che posso, le varie protuberanze rocciose della cresta. In bilico tra sole ed ombra, scollino due volte prima di prendere il ripido bosco che fa da lasciapassare per raggiungere i 30 metri di cavo che depositano in breve ai prati in prossimità della strada delle Penise. 

Primaverile veduta della Pianura da Campo Solagna

Guardo l’orologio. Le 8,40. Mi godo il sole mentre contemplo la brina che ancora sonnecchia nella penombra. Laggiù la foschia malaticcia invade uno dei luoghi più asfaltati, distrutti inquinati e produttivi del mondo: la Pianura Padana. Ed una domanda mi sorge spontanea, ne valeva davvero la pena?

Mi desta dal pensiero un branco di camosci al limite del bosco. Prendo il sentiero dei Torrioni ed annaspando tra le foglie copiose e sdrucciolevoli, arrivo ginocchioni  fino all’auto. Incrocio un valligiano che mi dice che un branco di una decina di lupi si aggira nella zona e aggiunge divertito:”non preoccuparti, a te per come corri e per quanto magro sei mica gli interessi!” Ridiamo e se ne va.

La natura è un tempio

Poche ore di evasione, tanta fatica ed una domanda:

Davvero ne valeva la pena?

 

Pubblicato da spazivuoti

Nato in qualche luogo pianeggiante, tra capannoni, zanzare, arte, e sullo sfondo le montagne.

2 Risposte a “Creste di San Giorgio: davvero ne valeva la pena?”

  1. Sempre.
    Ne vale sempre la pena, perchè per quanto sembra tutto futile, quello che ci lascia dentro una giornata così è incommensurabile e cambia totalmente la percezione delle cose.
    E soprattutto ci da una soddisfazione “intrinseca” che viene dall’attività stessa e non dalle cose al contorno: premi, denaro, desiderio di emulazione e altri aspetti che al contrario ci lasciano sempre insoddisfatti e sempre ad inseguire qualcos’altro.
    Qualcosa di simile l’ho scritto qualche anno fa (proprio dopo un’escursione in Valsugana) e l’ho riproposto recentemente 😉
    https://traguardieffimeri.wordpress.com/2017/10/19/il-sole-di-ottobre/

    1. Ciao, sicuramente la mattinata consumata tra i monti valeva la pena. Per me (ma penso per chiunque) trascorrere delle ore facendo ciò che piace non ha prezzo.
      Nel trascorrere questo tempo libero però sovente mi frullano in mente molte altre cose che spero nell’articolo non siano passate senza lasciare traccia.
      Fedeclimb

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